Uno dei legumi più particolari e gustosi che esistano sono sicuramente i ceci neri: si tratta di una tipologia di legumi di origini molto antiche, tanto che le prime testimonianze della sua coltivazione risalirebbero addirittura all’età del bronzo. I ceci neri vengono coltivati per lo più nel Sud Italia, dove vengono particolarmente apprezzati e utilizzati per realizzare molte ricette tradizionali. In molti però non sanno che, non molto tempo fa, i ceci neri hanno seriamente rischiato di estinguersi: ciò è dovuto al fatto che alcune loro particolari caratteristiche li rendevano difficili da coltivare e, soprattutto, da cucinare, e quindi per gli agricoltori risultava più facile e redditizio coltivare altri tipi di legumi.
Il cece nero, rispetto al cece bianco classico che tutti conosciamo, si differenzia da quest’ultimo anzitutto per il colore della buccia, che è appunto scuro, e per la particolare conformazione della buccia stessa, che non risulta liscia ma rugosa. Inoltre, rispetto ai ceci classici, quelli neri hanno delle dimensioni più piccole, infatti non superano quelle di un chicco di grano, ed hanno una forma irregolare, con l’apice a forma di uncino.
Dal punto di vista nutrizionale, il cece nero è ricchissimo di fibre: sai che questo legume contiene ben tre volte la quantità di fibre che è invece contenuta nel suo “fratello” chiaro? Questa sua caratteristica li rende, pertanto, decisamente sazianti. Inoltre, consumare ceci neri regolarmente consente di migliorare il funzionamento dell’intestino e di tenere sotto controllo il livello di glucosio presente all’interno del sangue. Il cece nero, inoltre, è ricco di vitamine, in particolar modo C, K, E e del gruppo B, nonché di sali minerali, come magnesio, fosforo e potassio. Ma il cece nero è per lo più noto per contenere elevante quantità di ferro, al punto che in passato, proprio per questa sua caratteristica, era particolarmente consigliato alle donne in stato di gravidanza e a quelle che avevano appena partorito.
Essendo così ricco di sostanze nutrienti, il cece nero risulta molto più calorico rispetto alla sua variante chiara, tanto che viene spesso utilizzato come fonte di proteine nelle diete vegetariane e vegane. Non solo: questi legumi possiedono anche un elevato contenuto glucidico, che li rende un cibo perfetto per tutte quelle persone che soffrono di cali d’energia o che soffrono di astenie.
Rispetto ai ceci bianchi, infine, quelli neri hanno sapore molto più aromatico e saporito. Nonostante il loro gusto deciso, però, questi legumi al palato risultano avere una consistenza particolarmente vellutata, caratteristica che li rende l’ingrediente ideale per realizzare zuppe, minestre, passati e creme, sia dolci che salate.
Ammollo dei ceci neri
Prima di cuocere i ceci neri è fondamentale lasciarli in ammollo: questo passaggio è molto importante perché consente di eliminare tutti i residui di sporco da questi legumi. L’ammollo, inoltre, favorisce l’aumento del valore nutritivo dei ceci neri, in quanto questi ultimi, una volta immersi in acqua, tendono ad espellere l’acido fitico contenuto al loro interno, ovverosia una sostanza che, se non viene eliminata, durante la cottura dei ceci tende a limitare l’assorbimento dei sali minerali.
L’acqua da utilizzare deve essere a temperatura ambiente e in quantità pari a circa 4 – 5 volte il peso dei ceci neri. L’acqua, inoltre, deve essere cambiata almeno una o due volte durante questa fase, di modo da evitare possibili fermentazioni dei batteri e, una volta trascorso il tempo necessario per l’ammollo, deve essere gettata via.
Altra fondamentale differenza tra i ceci classici e quelli neri consiste proprio nella durata e nelle modalità dell’ammollo: il cece nero, infatti, può richiedere un ammollo molto lungo. Questo è dovuto alla struttura della sua buccia che, come dicevamo, risulta particolarmente resistente: il cece nero, infatti, deve essere lasciato in ammollo da un minimo di 24 ore sino ad un massimo di ben 48 ore! Proprio per questo motivo, infatti, per lungo tempo il cece nero non ha goduto di grande fama, finendo spesso per essere utilizzato solo come fonte di sostentamento degli animali piuttosto che delle persone.